Restauro Kay 6100, un puzzle vecchio di settant' anni




Ricostruzione e conversione a mancina di una vecchia dreadnought americana

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    Salve a tutti, in questo diario vorrei raccontarvi i lavori che ho fatto, sto facendo e farò perché questa vecchia dreadnought torni a suonare .
    La chitarra in questione era gia parte dell' armadio delle chitarre potenziali di cui parlavo in questo vecchio diario #entry432400467, che devo svuotare a causa di un trasloco, così ho deciso di partire dalla causa più persa di tutte.
    Il suo nome è Kay N-2, o almeno così recita la stampigliatura all’ interno, in realtà è possibile trovarla con almeno altri 4 nomi ( N-1, N-3, L 6100, K 6100) mescolati tra di loro in ordini apparentemente casuali, probabilmente perché nella stessa fabbrica venivano assemblate identiche anche per Silvertone, Airline e Old Kraftsman senza che vi fosse troppa attenzione alla coerenza dei codici seriali.
    Dovrebbe essere della metà degli anni 50 ma non è possibile datarla con precisione, l’ unica certezza è che anche questa, come tutte le mie acustiche, viene da Chicago. E’ apertamente ispirata alla Martin D-18 nelle forme ed è facile confonderla con quest’ ultima, soprattutto ad una distanza superiore ai 2 chilometri, magari in una giornata di nebbia.
    Questo modello fu reso celebre, se così si può dire, da Elmore James, ed ora fa parte del rig di Kurt Vile, cantautore di Philadelphia che vi consiglio di ascoltare.
    Le informazioni tecniche sono: top in abete massello, fasce e fondo in mogano laminato (un esemplare su 100 usciva dalla fabbrica con anche il fondo in massello senza apparenti motivi logici), manico in pioppo senza trussrod, frets vintage in ottone su tastiera in palissandro brasiliano e meccaniche Kluson “3 on a plate”. Il bracing interno adottato è ad X, credo uno dei primi casi nella storia tra le chitarre economiche, quasi tutte ladder, e infatti sembra progettato e incollato da Fred Flinstone.
    Dati questi presupposti trovarne un modello “ready to play” come potete immaginare non è facile, quindi ho tagliato la testa al toro cercandone un esemplare distrutto! La chitarra mi è arrivata con non solo due crepe centrali dovute alla eccessiva deumidificazione dello strumento e gia dichiarate dal venditore, ma anche due altre botte, una a destra e una a sinistra sul top, e un’ altra spaccatura sotto al manico. Dopo aver ringraziato la dogana per la delicatezza con cui si prende cura della merce (leggasi chiesto e ottenuto rimborso totale) ho pensato a cosa poter fare con qul che rimaneva della chitarra ed ho quindi deciso di partire con un esercizio di restauro senza aspettative, dove mi sarei potuto sbizzarrire in ogni modo senza paura di fare più danno di quello che gia c’ era.
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    Visto il punto di partenza per riparare le enormi crepe sulla tavola armonica ho deciso di non lavorarla alla cieca da dentro la buca ma di scollarla dalle fasce prima e di rimuovere tutto il bracing poi. Non è stato semplice poiché la mia intenzione era quella di ridurre al minimo l’ aggiunta di materiali non provenienti dalla stessa kay e soprattutto di non fare ulteriori danni da sommare a quelli già numerosi di cui vi ho parlato. Armato di spatola, phon e pazienza ho scollato tutto, ad ogni pezzo rimosso la tavola armonica perdeva di rigidità e rischiava di sbriciolarsi.
    L’ idea migliore che ho avuto per ricomporre il puzzle è stata quella di ricalcare lo shape del body su una tavola di mdf e piantare una discreta quantità di chiodini sul perimetro disegnato, successivamente posizionare il top all’ interno di esso e con delle zeppe di legno molto piccole poste tra chiodo e tavola armonica premere le varie parti verso il centro in modo tale che le crepe, gia spalmate di colla in questa fase e inumidite con acqua tiepida, si avvicinassero. Ovviamente queste tendevano a sollevarsi verso l’ alto, quindi ho scaldato e premuto il top con il ferro da stiro e un panno inumidito perché fosse meglio disposto ad assumere la nuova forma senza spaccarsi, successivamente ho chiuso il tutto a “panino” con una lastra di vetro a tenere perfettamente piano il tutto. Il risultato come potete vedere non è troppo male.
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    Per il bracing, visto che era da rifare, ho deciso di ispirarmi ai lavori di Baxendaleguitar, laboratorio famoso per convertire vecchi bidoni da ladder a X bracing in stile Gibson e Martin pre-war. Non so se effettivamente un bracing ben fatto migliori il suono, in che misura lo faccia, e se questi di Baxendale non si siano solo inventati un modo sofisticato di vendere strumenti giocattolo a 1000 dollari al chilo; viste le condizioni della chitarra decido comunque di provare.
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    Ho cercato di adattare un pattern Gibson golden-era alla tavola, utilizzando dove possibile i vecchi travetti, aggiungendone invece di nuovi per le tone-bars e le finger-bars che il precedente pattern di Fred Flinstone non prevedeva, ovviamente specchiando tutto visto che sono mancino. Non ho ancora foto disponibili, ho però cominciato lo shaping e la scaloppatura dei braccetti e presto vi aggiornerò; sto mescolando altezze e spessori trovati in rete al puro istinto e non so assolutamento dove arriverò! Il bridge plate invece è totalmente irrecuperabile, le corde hanno scavato dei solchi enormi e va sostituito perché non penso questo durerebbe a lungo. Visto che spesso si riparano applicando una piastrina d’ ottone come queste www.google.it/search?q=platemate+g...iw=1536&bih=754 sotto ai fori evitando così che le corde col tempo li allarghino stavo valutando se aumentare la dose di sperimentazione e costruire questa parte non in legno ma completamente in ottone ricavandola da un foglio da 1,5 mm. Vi farò sapere e accetto consigli in merito!
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    Venendo alle altre riparazioni minori ho, come al solito, chiuso la fresata sul ponte, raddrizzato una meccanica piegata e reincollato due dot segnatasti che si erano staccati. Ho dovuto invece effettuare una riparazione un po più interessante sul blocco manico:
    quando mi sono trovato con la chitarra aperta ho notato che questo era saldamente fissato alle fasce, come è naturale, ma non toccava assolutamente il fondo, da cui era staccato di 2 mm scarsi. Questo spazio era stato riempito maldestramente con molta colla e schegge di legno. Quello che ho supposto è che l’ operaio addetto a chiudere fasce fondo e top assieme si sia accorto che il blocco manico, gia lavorato con la mortasa per l’ incastro a coda di rondine, fosse stato incollato in posizione errata e abbia così pensato di riempire lo spazio vuoto con quel che aveva nel raggio dei 70 centimetri che gli era consentito raggiungere muovendo il braccio destro, ovvero colla e schegge di legno.
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    Scollare i blocco non è stato facile perché avendo fasce laminate non era dato sapere quale strato avrebbe ceduto per primo. Ovviamente non è stata la giunzione tra blocco e fascia ma quello subito sotto, interno alla fascia stessa, ho quindi deciso di incidere i fianchi del blocco e rimuoverlo assieme al primo dei 3 strati delle fasce. Dopo averlo lavorato e pulito da quel mix di schegge e colla di cui sopra ho scollato in parte anche il fondo dalle fasce, eliminato i vari “scalini” e reincollato tutto come avrebbe dovuto gia fare nel secolo scorso quell’ operaio frettoloso. Una difficoltà che ho riscontrato è stata quella di trovare un compromesso tra la pressione dei morsetti e l’ assetto generale delle parti che, premute eccessivamente o in maniera sbilanciata, tendevano ad andare fuori posizione, fuori squadra o ad assumere lievi deformazioni compromettendo il futuro assetto dello strumento.
    Per ora è tutto, chiedo scusa per la fretta con cui ho scritto ma il tempo è quel che è, spero di aver catturato il vostro interesse e vi aggiornerò con i futuri sviluppi di questo progetto. Fatemi sapere cosa ne pensate!

    Nota dell'amministrazione: eseguita lieve variazione nel titolo e nella descrizione del topic finalizzata all'inserimento di un corretto codece html relativo all'immagine d'anteprima del diario. Inerito il CUT dopo alcune righe del topic 19/11/2018.
    - Modificate dimensioni immagine d'anteprima - 14/02/2019


    Edited by Alessandro Ciuchetti - 14/2/2019, 19:39
     
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    Caro Gianmaria, non finirai mai di stupirci. :blink:

    I miei complimenti per il coraggio dimostrato nell'imbarcarti in questa nuova ardua impresa e per il generoso ed irrefrenabile impulso nel volerci raccontare tutto. clap_0

    Questo tuo primo consistente intervento offre campo pressoché illimitato alle domande, c'è solo l'imbarazzo della scelta e sono sicuro che tutti gli utenti del blog vorranno presto fartene.

    Per rompere il ghiaccio, mi limiterò ad una prima osservazione: sono rimasto stupito dal sapere che fino agli anni '50, l' X- bracing (leggi: incatenatura ad X asd) fosse caratteristica riscontrabile solo nelle chirarre Martin di fascia alta.

    Come sappiamo, questo tipo di incatenatura è contrapposta all'altrettanto famosa incatenatura ladder, da ciò l'inevitabile domanda: come mai, fino a quell'epoca, l'incatenatura ladder fu considerata meno nobile dell' X bracing? what

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    Ciao e grazie per le belle parole!
    Il motivo credo sia da ricercare nel fatto che fosse difficile fare entrare le lavorazioni necessarie all' introduzione dell X-bracing in una produzione seriale senza alzare eccessivamente i costi. Per esempio attorno agli anni '30 Gibson, marchio decisamente fuori portata per la maggior parte delle persone (molto più di adesso), tenta una produzione economica con catene ladder sotto il nome di kalamazoo proprio per rendersi accessibile al grande pubblico ed entrare in concorrenza con i marchi come Silvertone Airline Harmony e Kay che spopolavano nel mercato americano.
    La forza di questi marchi stava nell' estrema semplicità del progetto che permetteva una produzione economica di prodotti di qualità più che decente, ben suonanti e ben costruiti, tanto che i loro strumenti si diffusero non solo tra i principianti ma anche tra i musicisti semi professionisti e professionisti.
    Silvertone è stato a tutti gli effetti quello che fu Eko in Italia, inoltre i bluesmen neri fecero diventare iconiche molte di queste chitarre e ne dimostrarono tutto il valore, tanto che arrivarono fino in Europa e lo stesso Jimmi Page usò una Harmony Sovereign per scrivere e registrare le parti acustiche dei primi 3 album dei Led Zeppelin.
    Ora ovviamente i tempi (ed i processi industriali) sono cambiati e non credo vengano più prodotte chitarre ladder in fascia economica semplicemente perchè non ce n'è più bisogno.
    Curiosamente però, come è successo ad esempio al pane integrale, ciò che era povero diventa poi di "nicchia" e ora il marchio waterloo produce un modello ladder a 2500 dollari.
     
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    Bellissimo intervento e ottimo lavoro. Data la mia ignoranza non capisco per una x bracing sia più costosa di una ladder... Buon proseguimento, sono molto curioso di vedere come continua 😉
     
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    Il diario è un po' datato, ma molto molto interessante. Complimenti Gianmaria sia per come hai approcciato il problema e stai eseguendo il lavoro, che per la grande conoscenza in materia di chitarre e della loro storia.

    Adesso però sarei curioso (e non credo di essere l'unico) di sapere se e come procede il restauro :).
     
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    CITAZIONE (Alberto Capuzzo @ 8/9/2019, 23:51) 
    Il diario è un po' datato, ma molto molto interessante. Complimenti Gianmaria sia per come hai approcciato il problema e stai eseguendo il lavoro, che per la grande conoscenza in materia di chitarre e della loro storia.

    Adesso però sarei curioso (e non credo di essere l'unico) di sapere se e come procede il restauro :).

    ... piacerebbe anche a me, sapere come è proseguito e finito il lavoro di recupero.

    Buba
     
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    Mi associo alle richieste di Alberto e Buba. :ottimo_2: Daje Gianmaria, raccontaci com'è andata a finire! :daje_02:
     
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